Sui dipinti di Francesco Marvardi
di Ettore A. Sannipoli
Paesaggi, vedute urbane, ritratti, nudi di donne, nature morte. La pittura di Francesco Marvardi rappresenta una finestra aperta sul mondo, sull’incanto del reale, nel quale non può che rispecchiarsi ogni persona. Sono volumi e spazi e ritmi intrisi di ‘luce-colore’, che esercitano sull’osservatore un richiamo seduttivo, atto a ringiovanirne l’animo. Come è stato già detto, Marvardi vede al di là dell’oggetto della sua opera per alludere a qualche cosa che ci sfugge e che pure è presente. Questo universo pervaso da armonie e velato di misteri, foriero di fugaci suggestioni, si manifesta a noi tutti attraverso il più etereo dei suoi costituenti, la luce, e proprio nell’uomo trova la sua ragione di essere: nell’uomo-fruitore, con la sua intelligenza ma anche con le sue emozioni e le ineffabili presenze che intravede.
Silhouette femminili in controluce su fondi colorati, ove il nero delle figure è teso ad esaltare il timbro e la luminosità degli sfondi. In alcuni casi (ad esempio nel dipinto Il temporale) il contrasto di qualità cromatica tra le diafane silhouette femminili e il plumbeo cielo nuvoloso sul quale esse si stagliano, genera paradossi gestaltici vicini al surrealismo di Rene Magritte.
Tali figure sono portatrici di un ritmo ‘astratto-figurativo’ ricorrente nelle opere di Francesco Marvardi, che si può ravvisare anche in dipinti come quello – assai originale – con le tre penne stilografiche (3 penne intorno al cor mi son venute), o in altri con le sdraio e gli ombrelloni, e infine nel bellissimo ritratto di Margherita, ove la giovane a mezzo busto si rispecchia di spalle su di una panoramica veduta con un palazzo e una rovina, mentre sopra si apre un ampio tratto di cielo tempestato di margherite, quasi esse fossero delle splendenti, singolari stelle diurne.
Un discorso a parte meritano i Notturni a Villa Adriana del 2012, ove ad emergere dall’oscurità avvolgente del Canopo è la figura di una giovane nuda, con le braccia incrociate sul petto, definita e solo in parte modellata da una cascata di raggi lunari che illuminano i corti capelli e il sottile contorno del suo corpo delicato.
Molto belle appaiono pure alcune nature morte realizzate tra il 2013 e il 2015, ove la frutta, i bicchieri e le candide stoviglie risaltano su fondi contraddistinti da pure campiture cromatiche, o da contrasti di chiari e di scuri che accentuano i timbri dei colori e, nel contempo, l’icasticità delle raffigurazioni.
Le indubbie capacità di Francesco Marvardi nel rappresentare ‘secondo ragione’ lo spazio, si manifestano appieno nelle vedute urbane, contraddistinte da un rigore prospettico teso ad esaltare celebri scorci come quello di Trinità dei Monti vista da via dei Condotti o, per rimanere a Gubbio, quello con il Palazzo dei Consoli visto da corso Garibaldi. Ma sono soprattutto i palazzi raffigurati d’infilata a rivelare le doti dell’autore nel disegno architettonico, animato pittoricamente da un uso sapiente del colore e della luce. Penso, ad esempio, all’olio su tavola con il palazzo Spada di Roma o, meglio ancora, all’altro con il palazzo Del Re-Boschi di Tivoli, in un giorno assolato e sotto l’ampio respiro del cielo.
Gli scorci urbani manifestano a volte anche un sentire più lirico e delicato, come in Un pomeriggio d’aprile a Via Margutta, coi rampicanti in fiore che imprimono opportune vibrazioni tonali sul giallo ocra della vecchia e silente facciata. Anche i paesaggi ricorrono nell’opera del Nostro, con vedute di antichi borghi abbarbicati su blande colline o torreggianti verso l’immensità di cieli che quasi paiono ‘romantici’, come si può vedere nella bella veduta di San Gimignano. Ci sono poi le ombrose pinete, in controluce rispetto al chiarore di spiagge assolate, o le ampie vedute marine come quella ‘infuocata’ dal titolo Tramonto a Rodi Garganico, che sarebbe piaciuta ad Emil Nolde.
Su questi tramonti marini, come abbiamo già visto, si stagliano a volte le silhouette di giovani donne.
E spesso nei dipinti di Marvardi il nudo femminile, simbolo di armonia e di bellezza, viene indagato nei suoi rapporti con il paesaggio naturale (e urbano), del quale è una specie di quintessenziale incarnazione. Così giovani modelle mostrano la perfezione dei loro corpi al cospetto di panorami in cui volentieri domina il mare, origine d’ogni forma di vita: oltre pinete che adombrano spiagge assolate, nelle baie dalle acque terse, al cospetto di promontori e falesie, nel rosseggiare del cielo al crepuscolo oltre la calma linea dell’orizzonte.
L’immaginario iconografico di Francesco Marvardi
di R. Perdicaro
«L’immaginario iconografico di Francesco Marvardi concretizza in una rilettura del reale densa di spontanea espressività. Un riscontro figurale attento, dove luce e colore assumono una valenza rivelatrice che realizza un’ispirazione oggettiva e sensibile.
Sono elementi narrativi di un racconto del mondo reso attraverso una visione lirica ed emblematica, emozionalmente espressa.»
L’armoniosa poetica del colore nel fascino del reale nei dipinti
del maestro Francesco Marvardi
di Carla d’Aquino Mineo
Traspare una curata preparazione grafica negli splendidi dipinti del maestro Francesco Marvardi, in cui primeggiano nella narrazione figurativa accentuazioni classiche nell’eleganza formale di sinuose figure di donna, dove la poetica del colore, tra toni patinati d’antico ed effetti chiaroscurali negli sfondi terrosi colora di sentimenti paesaggi, nature morte ed intensi ritratti. Le stesse nature morte mostrano una rara sapienza esecutiva tra valori cinquecenteschi, mentre le romantiche vedute prospettiche di antichi angoli romani rivelano l’ariosità dei cieli e la freschezza di un’arte rivolta al versante francese impressionista da Cèzanne a Pissarro cogliendo anche l’aspetto fenomenico del paesaggio. Il carattere peculiare della sua pittura si presenta, oltre che negli originali paesaggi anche nei nudi che svelano nel gioco chiaroscurale e nell’armoniosa bellezza la qualità formale che appartiene alla tradizione dell’antica pittura classica, mentre aleggia nelle nature morte composte da semplici ed umili oggetti una grande suggestione di autenticità tra echi del passato. Ecco che allora l’incanto del reale appare nelle vedute romane e nelle minuzie architettoniche ricche di lirismo tra ariosi cieli e luministicamente colmi di suggestioni visive nella costante ricerca di effetti di luce. E proprio la luce nei fiammeggianti tramonti marini ed all’imbrunire del giorno diviene dimensione trasognata tra sinuose figure femminili, come ombre che si stagliano dallo sfondo di un sogno favolistico. Ecco perché nei pregiati dipinti del maestro Francesco Marvardi la pennellata è spontanea ed accurata nella morbidezza dei toni, tra i gialli dorati, gli ocra sabbiosi e gli azzurri turchesi nei verdi variegati della natura con notevoli richiami al disegno in un clima onirico. Di particolare suggestione sono i ritratti che svelano nella finezza grafica la morbidezza dell’incarnato ed una notevole espressiti degli sguardi come esternazione interiore dell’autore. Sta qui il fascino che emanano i dipinti del maestro Francesco Marvardi: il verismo di un’arte antica ed ottocentesca che richiama anche soggetti popolari pian piano progredisce verso una dimensione onirica e spirituale, dove i dati figurali esprimono un’evasione dal mondo apparente verso la trasfigurazione simbolica del reale nell’incanto di un sogno.
Un itinerario da percorrere
di Valter D’Amario
Una delle qualità migliori di Marvardi è quella di rendere ben individuabili le diverse strade per cui l’esecuzione pittorica giunge pian piano a staccare gli oggetti rappresentati dalla immediata esperienza percettiva e sensoriale dell’osservatore per avviarli verso una dimensione da reinterpretare, fatta di suggerimenti, allusioni e rinvii. In alcuni casi (come nelle composizioni architettoniche e di paesaggio) è il gioco delle luci e delle ombre a produrre un contesto atemporale nel quale ci si può immergere e intrattenere. In altri casi (come nelle nature morte) è la struttura compositiva a evidenziare piani di lettura diversi e sovrapponibili, nei quali è facile abbandonarsi ad escursioni ricognitive grazie alla valenza multifunzionale degli elementi significativi. In altri casi ancora (come nei ritratti e nelle figure femminili) il dato visivo e psicologico si intreccia con suggestioni formali e coloristiche che sollecitano una comprensione complessa ed aperta a più interpretazioni. In definitiva Marvardi esibisce un catalogo ricco e stimolante di proposte che sollecitano una partecipazione attiva e coinvolgente.
Cose e pensieri ritratti
di Prof. Attilio Coltorti (critico d’arte)
Dopo anni di sosta forzata, la ripartenza è sempre difficile, ma se motivata da una forte volontà di riprendere un discorso iniziato parecchi anni prima e poi interrotto per una serie di motivi contingenti, allora è possibile che possa dare ancora dei buoni risultati. Questa è in sintesi la vicenda artistica di Francesco Marvardi. L’attività di architetto, comunque, ha permesso al nostro artista di mantenere in vita, mediante una pratica costante, la sua attitudine al disegno, inteso nelle sue più diverse accezioni: prospettico, architettonico, dal vero, a chiaroscuro; senza peraltro trascurare il colore, elemento complementare indispensabile a coniugare la forma con la percezione visiva della realtà. Ma lo scatto subentra quando da una situazione creativa di necessità, si passa ad una scelta operativa, in questo caso artistica, affrancata da ogni vincolo di dipendenza, da cui, oltre a dover dare credibili rassicurazioni ci si attende risultati artistici quanto meno apprezzabili. Marvardi, senza alcuna presunzione e con paziente metodicità, mette in atto tutte le sue conoscenze tecniche, maturate nel corso degli anni per ridefinire in modo attento e personale una sua pittura, benché i suoi soggetti confluiscano in quel genere di rappresentazioni pittoriche a carattere profano che illustrano scene, figure ed oggetti della vita quotidiana. Dove la sua pittura sfugge ad una ovvia catalogazione di “pittura di genere”, è in quel inverosimile ma sognante accordo di nudi femminili, magicamente circoscritti da filamenti luminosi, con fondali paesaggistici o architettonici poeticamente evocativi. Quando poi passa a trattare il paesaggio urbano, che pure riproduce con fedeltà sorprendente (a dispetto della figura umana risolta come anonima macchietta), risulta evidente l’utilizzo della prospettiva rinascimentale. Un sistema grafico-costruttivo che gli permette di ottenere nel dipinto una marcata profondità, entro cui disporre ordinatamente tutti gli elementi costitutivi della veduta, e di accogliere al suo interno una luminosità che oltre ad evidenziare il colore locale della materia ne esalta la concretezza, senza tuttavia permettere all’atmosfera di interferire sulla cristallina nitidezza della visione. Per quanto concerne, invece, le molte nature morte, che pure costituiscono un settore importante della produzione dell’artista, esse sono costituite per lo più da forme essenziali di frutta variopinta (arance, mele, limoni) disposta all’interno o al margine di un ampio piatto di color chiaro; alla frutta si contrappone spesso la presenza di una o più conchiglie madreperlacee. L’evidente contrasto di oggetti di diversa natura, forma e colore, seppure disposti su un panno pieghettato che funge da piano cromatico di raccordo, costituisce un chiaro motivo di riflessione sui molteplici e sorprendenti aspetti in cui si manifesta la realtà e sulla forza vivifica della luce.
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Nobiltà di orizzonti e amore per l’arte
del Prof. Alcibiade Boratto
La pittura di Francesco Marvardi rivela un’anima serena, mite, anelante all’armonia. I suoi quadri trattano generi diversi, ritratti, ambienti cittadini, tramonti: in essi c’è la persona e il luogo fisico da cui si prende lo spunto, ma c’è anche l’occhio di chi vede al di là dell’oggetto della sua opera per alludere a qualcosa che ci sfugge e che pure è presente. Prendiamo ad esempio il quadro che ritrae Santa Maria in Agone. La monumentale chiesa sta lì con la sua articolata facciata, con le sue linee complesse, eleganti e possenti, che si slanciano verso l’alto con la troneggiante cupola e gli snelli campanili ai lati, quasi una celebrazione del Borromini che l’ha progettata. Ma sopra di essa si alza un cielo azzurro su cui passano nuvole bianco-grigie che danno un grande respiro all’insieme, un senso di grandi lontananze. E per incanto la chiesa assume leggerezza, i suoi volumi sembrano avere la stessa consistenza del cielo soprastante. E’ una sensazione questa che si riprova di fronte agli altri quadri che riproducono edifici e luoghi di Roma a conferma della ricerca in cui si impegna l’autore. Come prova anche il glicine di un altro quadro, che posto in primo piano, lascia cadere le sue ombre sulla parete di un edificio, quasi a simboleggiare il rapporto tra realtà e irrealtà, o tra ciò che appare e il mistero che lo sostiene. Senza la percezione del mistero certamente non sarebbero state realizzate le opere che raffigurano giovani donne al momento del tramonto su una spiaggia in un’atmosfera di profondo silenzio. Bagliori e strisce rosso fuoco sullo sfondo, sopra il cielo sempre più scuro porta la notte, forse il timore della notte, che fa nascere sempre nell’animo degli uomini smarrimento e disagio. E le giovani donne sulla spiaggia a compiere un rito o più semplicemente a contemplare il tramonto. Creature umane o presenze divine. Non è pittura di getto o con intenti commerciali, quella di Francesco Marvardi: è opera sentita e pensata, curata nei dettagli con pazienza e perizia, maturata con nobiltà di orizzonti e amore per l’arte.